L’antologia proposta è perlopiù improntata all’insegna del poco noto e dell’inedito (ancora possibile, anzi favorito dal vaglio storiografico degli ultimi decenni, in crescendo di capillarità sul territorio e di scientificità nel metodo) ed è incentrata su un’epoca generalmente volta all’esaltazione del colore, alla forma lieve, all’espansione spaziale e, nello stesso tempo, al recupero dell’intimità. Il prezioso, più che vasto, florilegio di questa ouverture, nonostante l’asistematicità della selezione, copre un ventaglio di nomi e di date sufficiente a esemplificare l’articolazione degli stili della cultura pittorica veneta tra tardo Barocco, deflagrato Rococò e pieno Neoclassicismo. E poiché il punto di osservazione del fenomeno è eccentrico, decisamente confinario, la rassegna implica la registrazione di frequenti contaminazioni linguistiche. La postazione coincide infatti con il territorio di Bergamo, che sotto l’aspetto della geografia fisica e del più ampio tracciato storico-politico è medio-lombardo, ma che fu pure estremo lembo occidentale della Serenissima Repubblica per poco meno di quattrocento anni (prima di diventare parte costitutiva, proprio su premesse maturate nel secolo qui considerato, il Settecento, di una realtà denominata Regno Lombardo-Veneto).